15 Ottobre 2013

“Il bambino deve conoscere le proprie origini per costruire la propria identità”

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Con il racconto Le Mystère des graines à bébé (Il mistero dei semi del bebè), lo psicologo Serge Tisseron propone un aiuto ai genitori che hanno fatto ricorso alla riproduzione assistita e che desiderano spiegare ai loro figli da dove provengono

La questione delle origini assume un valore particolare in quelle famiglie che hanno concepito grazie alla riproduzione assistita. Per questo motivo, Tisseron suggerisce di affrontarla in tenera età, quando il bambino ha tra 4 e 5 anni. A questa età il piccolo si domanda già quale sia il suo posto nella storia della famiglia.

Secondo questo rinomato ricercatore francese, risposte chiare e adeguate alla capacità di comprensione del bambino lo aiuteranno a costruire la propria personalità senza complessi né segreti. Per Tisseron il libro, scritto in stile favola o racconto, si presenta come un utile punto di partenza per guidare questa conversazione con i figli.

Cosa l’ha spinta a scrivere Le Mystère des graines à bébé?

Studio i segreti della famiglia da circa trent’anni e mi stupisce che si stia creando una nuova fonte di segreti intorno ai diversi tipi di riproduzione assistita. Per questo motivo ho voluto proporre ai genitori un supporto che permetta loro di parlarne con i figli in età molto giovane mediante parole semplici e immagini adatte. Il bambino capisce subito che una storia spiegata in un libro non riguarda solo lui.Ha studiato la relazione che istauriamo con le immagini dei media ed è uno specialista del mondo dei fumetti. Il suo libro è scritto per essere letto con un bambino, crede che per affrontare questa tematica sia meglio un racconto illustrato?
Più l’argomento da affrontare è difficile, più è importante trattarlo lateralmente, come hanno sempre fatto le fiabe e i racconti. Sanno parlare di incesto, di abbandono e di maltrattamenti in modo tale da inserire i bambini nell’argomento al loro ritmo e i genitori possono avvicinarli al contesto senza necessità di affrontare la loro storia personale.

Quanto è importante che il bambino sappia di essere stato concepito in modo diverso”?

Se questo “modo diverso” viene presentato in modo chiaro, il bambino riesce a capirlo molto bene. Ma se rimane celato, si corre il rischio che il bambino pensi che è un motivo di vergogna. Di fatto un bambino nasconde le cose di cui si vergogna e tende a pensare che le cose che lo riguardano, e di cui i genitori non gli parlano mai, siano per forza imbarazzanti. Da qui nasce la necessità di parlare chiaramente al bambino delle sue origini non appena inizia a porre domande.

Che consigli darebbe ai genitori che decidono di affrontare questo argomento?

Bisogna evitare di imporre al bambino risposte a domande che lui non si pone, ma, al contempo, bisogna fare in modo che si senta libero di formulare tutte le domande che desidera. Per esempio si potrebbe dire: “Sai che per fare un bebè serve il seme di un papà e il seme di una mamma, ma il tuo papà -o la tua mamma- non avevano semi”.

Cose direbbe alle persone che decidono di non rivelare al figlio che è stato concepito grazie alla riproduzione assistita?

Che si pongano frequentemente la seguente domanda: È davvero per il figlio che hanno preso questa decisione o è per un altro motivo? In base alla mia esperienza, molti genitori decidono di tacere un trattamento di riproduzione assistita, perché l’hanno vissuto con dolore e temono di far trasparire questo sentimento quando ne parlano. Certo, hanno ragione a voler evitare ai figli le proprie sofferenze del passato.

Tuttavia, il bambino corre il rischio di venire a conoscenza delle proprie origini per bocca di altri e di perdere la fiducia nei suoi genitori. Succede anche che alcuni genitori nascondano le origini al figlio per evitare che lo sappiano i loro genitori. Ma quando si diventa genitore, bisogna scegliere se rimanere figlio dei genitori e dire loro quello che desiderano sapere, oppure essere genitore del proprio figlio e spiegargli quello che ha diritto di sapere. Dopotutto, nessuno è obbligato ad essere padre o madre. Se si decide di esserlo… ciò implica delle responsabilità.

A quanti anni è consigliabile affrontare la questione delle origini?

La domanda sorge spontanea quando il bambino ha 4 o 5 anni. Pone le sue prime domande sul “modo in cui si fabbricano i bambini”. Alcuni genitori credono di dover rispondere spiegando che è un rapporto sessuale, ma a 4 o 5 anni l’unica domanda che interessa al bambino sono le sue origini. Vuole comprendere quale è il suo posto nella storia della famiglia…e vuole anche assicurarsi di essere frutto di una storia d’amore.

Perché consiglia di parlare di questo argomento a questa età?

Perché un bambino è un po’ come una casa in costruzione. Qualsiasi casa ha bisogno dei pilastri. Se questi pilastri non sono ben saldi, la costruzione è fragile. Bene, oggi con la diversificazione dei metodi di riproduzione assistita e di accesso ai nuovi modelli di famiglia, la costruzione del bambino non si ottiene sopra un unico pilastro, ma su tre pilastri complementari: il primo è il pilastro biologico, costruito dai genitori che sono di sesso diverso. Il secondo consiste nello status legale del bambino, come è registrato nel certificato di nascita e nello stato di famiglia. Il terzo pilastro è costituito dalle persone che ne assicurano l’educazione. Dal momento in cui un bambino inizia a porsi domande sulle sue origini, è necessario potergli rispondere separando questi tre aspetti.

Alcuni genitori possono temere che se spiegano al figlio che è frutto, per esempio, di una fecondazione in vitro ne risenta l’affetto che il figlio nutre per loro. Questi timori sono fondati?

No, succede l’esatto contrario: quando il genitore lo spiega è come se facesse nascere il figlio una seconda volta… Lo fa nascere con la verità delle sue origini. Ovviamente, nell’adolescenza, il bambino nato da gameti che non sono quelli dei genitori ufficiali avrà voglia di conoscere questo lato di se stesso, ma ciò non rappresenta un modo di voler meno bene a chi gli ha voluto bene e l’ha cresciuto. I genitori che hanno questa idea si sbagliano. Come se una madre che rifiutasse di rivelare al figlio l’identità del padre per timore che le volesse meno bene! Se le tre funzioni tradizionalmente garantite da un solo padre e una sola madre si suddividono tra varie persone, il bambino lo deve sapere.

Il suo libro è uno strumento utile e ameno, affinché i piccoli capiscano una realtà che potrebbe risultare difficile da comprendere. A quali altri strumenti possono ricorrere i genitori?

Tutti i libri illustrati che parlano delle origini sono dei supporti eccellenti. Il libro offre molteplici vantaggi. È una finestra aperta sul mondo, si sfogliano le pagine al ritmo del bambino e si ha tempo per rispondere alle sue domande.

I quattro animali del racconto hanno un significato? (un gufo, un elefante, una lucertola e un pinguino)?

Il gufo si associa alla saggezza e mi è sembrato opportuno valutare il percorso del piccolo Paul con questa qualità. Poiché l’animale che incarna la saggezza gli risponde, questa è la dimostrazione che anche le sue domande erano colme di saggezza! Ricorro all’elefante per la sua proboscide che è come un terzo braccio che gli permette di sorreggere il tubo con cui mescola i semi del papà e della mamma. Il pinguino si occupa dei gameti e degli embrioni congelati. Assomiglia addirittura un po’ a un bambino! Per quanto concerne la lucertola, l’ho scelta perché fa contrasto con il pinguino: permette di mettere in scena colori più caldi…

Cosa pensa dell’iniziativa di EUGIN di offrire il suo libro a tutte le sue pazienti? Ritiene che sia un buon metodo per “chiudere il cerchio”?

Sì, sono molto felice di questa opportunità. Affinché i nostri figli possano riflettere serenamente su che direzioni intraprendere in un mondo imprevedibile, è indispensabile che sia loro chiaro da dove provengono. In questo senso, mettere a disposizione delle pazienti un libro durante il trattamento di riproduzione assistita mi sembra un’ottima decisione.

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